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Ascesa al regno degli immortali
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Ascesa al regno degli immortali
L’ipostasi e il rapporto tra il personaggio e il suo autore (che è musicista) sono all’interno di un’eleganza di scrittura in cui gli eventuali inserti musicali (esempi: il concerto K466, l’Erlkönig o i Papillons) vengono svolti aggiungendo osservazioni utili anche a chi già li conosce. Ma il romanzo, suddiviso di tre parti per complessivi quaranta capitoli, procede su diversi piani: descrittivo, psicologico e narrativo. Sembra quasi che l’arte si opponga all’amore – quando si crea in alternativa una figura femminile – e che addirittura se non viene compresa esiga un estremo sacrificio. Un’asserzione come “La musica è la realtà!” (p. 96) spinge a riflettere sul suo ruolo effettivo, e su cosa veramente essa sia in grado di esprimere al di là del suono ridotto a mero elemento acustico. L’essere umano, si sa, vuole andare oltre.
Di Luciano Nanni
http://www.literary.it/dati/literary/nanni2/ascesa_al_regno_degli_immortali.html
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Ascesa al regno degli immortali è il secondo romanzo dello scrittore e musicista veneto, Alessandro Pierfederici, pubblicato a novembre 2013. Come nel precedente lavoro, intitolato Ritorno al tempo che non fu, anche qui il protagonista è un uomo che attraverso un metaforico viaggio che lo conduce da Vienna alla sua città natale, ripercorre tutta la propria vita, dall’infanzia fino alla maturazione sia psicologica che esistenziale.
Anton Giuliani è un bambino che ha uno spiccato talento per la musica. Incoraggiato dalla madre Edvige e osteggiato dalla freddezza e dalla mancanza di fiducia del padre, comincia il suo percorso musicale unendo sin dalla sua infanzia l’amore per la musica a quello più ideale e platonico legato a figure femminili che appaiono sempre cariche di misticismo e fiaba. Da piccolo, Anton è innamorato di Marina, una bambina che condivide con lui giochi e momenti di affetto, fino a quando si perdono di vista perché lei è allontanata dalla sua casa e dalle sue amicizie a causa di pesanti difficoltà economiche in cui verte la sua famiglia. L’allontanamento di Marina e il successivo ritrovarla per scoprire solo allora che lei è di un altro e non prova, almeno apparentemente, gli stessi sentimenti di Anton, lo gettano nel più assoluto sconforto e lo convincono che il raggiungimento dell’eternità attraverso l’arte sia possibile soltanto rintanandosi nella solitudine, lontano da qualsiasi fonte di dolore. Saranno molti personaggi secondari come il maestro Kohn, Maddalena, e più tardi una donna importante e coraggiosa di nome Helene, a far comprendere al protagonista che l’ascesa al regno degli immortali attraverso l’arte è possibile solo senza rinnegare la propria umanità.
Umanità vuol dire sofferenza, miseria, tragicità, vuol dire sporcare e sporcarsi, provare amore e darlo senza mai rinnegare se stessi né quello che si è. La storia si svolge in un’epoca di crisi dei valori esistenziali come potrebbe essere quella di oggi, che tutti noi viviamo. Un’epoca dissacrante, in cui tutto sembra risolversi nella superficialità e nel lusso eppure la miseria cova quando meno te lo aspetti e si nasconde negli angoli più impensabili, anche nei salotti più curati, persino negli occhi di ghiaccio di una diva dal nome di Katarina. Questa splendida donna, che canta incarnando quel fuoco sacro che Anton continua a cercare attraverso la sua musica e quella degli altri, è la dimostrazione di quanto squallore e quanta ipocrisia ci sia nell’esistenza umana e nell’arte stessa. Ella è la donna del suo migliore amico, ma il protagonista è profondamente attratto da lei a tal punto da lasciarsi andare ad incontri notturni nella speranza che proprio quell’attrazione che prova per lei possa aprirgli le porte dell’arte immortale. Ma solo quando si renderà conto che Katarina è solo falsità e abnegazione, ritornerà in sé e comincerà a cercare nuovamente la vera fonte della propria arte e la troverà soltanto in se stesso.
L’autore riesce ancora una volta a presentare figure femminili indimenticabili, da Edvige a Maddalena, senza dimenticare Marina e la meravigliosa Helene. Tutte donne forti, determinate, molto femminili, che incarnano un ideale di perfezione senza tempo. L’eco già presente nel romanzo precedente ritorna incontrastato anche qui. Un’eco fatta di passato e presente, di amore e meraviglia, di natura e arte. La possente e melodiosa natura ancora una volta intona la musica del cuore del protagonista, ne colora i moti dell’anima, fino a fondersi con il suo stesso essere in un tempo e in un luogo che si stagliano come inafferrabili.
La natura è immortale, lo è l’arte e lo è l’amore, mezzo attraverso cui la vocazione artistica trova lo slancio per esplodere. Tutto il percorso di Anton è costeggiato da amori e dolori, da tragicità e un profondo e mai scontato romanticismo che lo rendono un eroe senza tempo, un uomo che ha vissuto fino in fondo la propria missione non solo di artista ma prima di tutto di essere umano. Cos’è dunque l’arte? La composizione musicale è il raggiungimento della Verità attraverso il genio dell’artista che mostra come raggiungere agli altri la propria di verità, quella della propria esistenza. Nonostante i numerosi momenti di stasi e di abbandono della speranza, il protagonista riesce a dare un senso alla propria vocazione e a tutto ciò che sente dentro. Qualcuno gli dice che in realtà la musica non esiste, è passeggera, perché quando inizia già finisce. E’ come se rappresentasse la morte dentro la vita e molto spesso egli pensa che sia l’esatto specchio del proprio destino: una ricerca costante della felicità senza mai raggiungerla.
Durante tutto il suo percorso egli unisce l’amore per la musica a quello per una donna e, nonostante si innamori sempre di donne che non può avere, tre di esse appaiono come l’emblema del sacrificio in nome della sua arte e del suo amore
■Prima la madre che sacrifica persino il suo matrimonio in nome del figlio, per difendere il suo talento dalle intromissioni del padre.
■Poi Maddalena, la prima donna che si innamora di lui, che lo rispetta a tal punto da lasciarlo andare in nome della sua vocazione.
■Ed infine Helene, incarnazione perfetta dell’unione spirituale e d’intenti che accompagna Anton nel suo percorso di crescita e di riconoscimento delle proprie potenzialità. Sarà proprio lei a donargli tutto il suo amore sia fisico che spirituale, in nome di una notte di passione e tormento, senza un domani. Grazie alla sua presenza ascetica e atemporale, quasi come una perenne musa che non ispira l’arte ma bensì la custodisce, che lui ascenderà alla vera consapevolezza del proprio io senza più rinnegare se stesso né quello che prova.
Infatti le sue migliori composizioni provengono da attimi di profondo abbandono e sofferenza. Soltanto quando Anton riesce a lasciarsi andare, a farsi prendere dal richiamo rovinoso ma carico di vita dei suoi sentimenti più reconditi che il fuoco sacro accende il suo petto mostrandogli senza più veli né inganni la strada verso l’unica salvezza possibile. L’eternità dunque è il connubio tra l’arte e l’amore, ma quest’ultimo è solo una delle tante manifestazioni della vita e dell’essere.
Ascesa al regno degli immortali è un romanzo con importanti spunti filosofici che aprono profonde riflessioni sulla vita e sulla morte e soprattutto sul rapporto che entrambi hanno con l’arte. Anton affronta il proprio percorso da uomo che ha i suoi dubbi. Cade spesso e si rialza altrettanto, torna indietro e poi fa dei passi avanti che gli permettono di capire cosa vuole realmente dalla vita. Il suo sogno è diventare un artista immortale e dopo aver provato sulla propria pelle l’impossibilità di salvare l’arte da se stessa nascondendosi dal mondo e dalla sofferenza, si prende carico della propria missione di poeta e cantore delle infinte esistenze dell’universo e attraverso l’ultimo concerto della propria vita, ascende a quel regno tanto amato e desiderato: il regno dell’affermazione di se stessi di fronte al mondo, contro tutto e tutti.
Se per vivere bisogna soffrire, che venga pure la sofferenza. Che il richiamo del dolore sia nuova linfa vitale per accrescere la propria sensibilità e il proprio canto, e che quest’ultimo sia fatto di note o di parole scritte, non importa. L’immortalità di ciascuno di noi risiede dentro noi stessi e in quello che abbiamo da dire. L’umanità è la chiave dell’eternità, e l’umanità è fatta di passato, che è quello che siamo stati, tra ricordi e vaghe memorie di tempi mai vissuti eppure marchiati nella nostra anima. E’ fatta di presente che abbiamo il dovere di coltivare e di futuro che dipende soltanto da quanto sappiamo di noi stessi.
Mai spegnere il fuoco che arde dentro l’anima dell’artista, è nella sua visione che si cela il segreto del nostro mondo e di tutti quelli che verranno. Ascoltiamo ed ascoltiamoci nella musica e nelle parole fino a quando l’impeto dei nostri sogni non diventerà un’indimenticabile realtà.
di Antonietta Mirra
http://www.sololibri.net/Ascesa-al-regno-degli-immortali.html
Dopo il felice esordio con il libro Ritorno al tempo che non fu, lo scrittore e musicista veneto Alessandro Pierfederici torna a emozionare con l’avvincente itinerario introspettivo e umano del protagonista del romanzo Ascesa al regno degli immortali (Biblioteca dei Leoni 2013, Collana diretta da Paolo Ruffilli).
Dentro uno scenario storico circonfuso dalle ombre e dalle luci di una Belle Epoque decadente tra Vienna e Trieste, deflagra l’intimo tormento di Anton Giuliani, musicista proteso verso l’impossibile raggiungimento di un autentico ideale artistico che trascenda una pur aurea mediocritas.
Con originale e raffinata cifra analitica e narrativa, Pierfederici indaga le dolenti esperienze esistenziali e reali dell’intera vita del suo personaggio, esposto ai fatali trasalimenti consequenziali al mutare degli itinerari e delle interruzioni deliberate o imposte dal quotidiano vivere.
Sarà il fluire del tempo, tra cedimenti e riavvii, a far introiettare alla travagliata figura di artista la consapevolezza che la sacra fiamma creativa non può realizzarsi compiutamente se avulsa da una humanitas intrisa di socialità, emozioni, sofferenze e amori vissuti dentro una imprescindibile realtà.
Solo la conciliazione di questa dicotomia riverberata dall’identità profonda dell’io collocherà Anton nella storia del mondo.
Se incarnarsi nel male del vivere è il duro pegno da corrispondere per costruire il proprio sogno, esso avrà tuttavia il dono di essere senza tempo, facendosi ultima e sublime armonia capace di ricomporre la verità dell’essere "nella visione serena del regno degli immortali… nell’immensa luce di un’eterna felicità” alla quale non potrà più seguire alcun dolore.
Alessandro Pierfederici è nato a Treviso dove vive. Musicista diplomato in Pianoforte e Composizione nei Conservatori italiani e in Direzione d’orchestra nei “Wiener Meisterkurse” di Vienna, svolge attività internazionale di docente, pianista accompagnatore di cantanti lirici e direttore d’orchestra. Dal 2008 è fondatore e presidente dell’Associazione culturale Musicaemozioni di Treviso, che si occupa della formazione e promozione di giovani studenti e artisti della lirica attraverso la creazione e l’organizzazione di eventi musicali legati ad altre espressioni artistiche, alla storia e alla letteratura, che cura personalmente. Nel 2011 ha pubblicato il suo primo romanzo Ritorno al tempo che non fu (Edizioni del Leone) molto apprezzato dalla critica. Il suo testo drammatico narrativo Carmen: da Merimée a Bizet, realizzato per l’omonimo spettacolo musicale, ha debuttato nel 2011.
di Daniela Quieti
Giunto alla sua seconda prova, Alessandro Pierfederici costruisce un’opera ambiziosa che è, al tempo stesso, romanzo di formazione e affresco di un periodo, la Belle Époque, colto nel suo declino.
Come nel precedente “Ritorno al tempo che non fu”, al centro della storia vi è un personaggio tormentato e sensibile, Anton Giuliani, che coltiva la passione per la musica con una dedizione tale da restare vittima di un precoce isolamento.
Tuttavia, è proprio la solitudine il presupposto di un’arte tesa alla sperimentazione e alla ricerca di sé: Giuliani incarna, infatti, il prototipo dell’artista puro, nemico della mondanità e del successo facile, in anticipo sui tempi e destinato a restare incompreso.
Consacrato alla propria vocazione, il protagonista è prigioniero di una visione romantica dell’amore che lo porterà a idealizzare le numerose donne incontrate che finiranno – se si eccettua la matura Helene, compagna ideale, guida creativa e spirituale – per deluderlo.
Per cesellare il ritratto del suo eroe, lo scrittore trevigiano mette a frutto la propria esperienza in ambito musicale, dimostrandosi abile nel costruire una vicenda che, tra spostamenti spaziali e temporali, si snoda senza intoppi, in particolare nella seconda parte in cui Anton, reduce dalla scomparsa della madre, riprenderà il percorso artistico interrotto per ottenere il successo agognato a fianco dell’affascinante cantante d’opera Katarina.
In un significativo passaggio di consegne Anton diverrà il punto di riferimento di un gruppo di allievi, raccogliendo così la lezione del Maestro Kohn che lo aveva incitato a non soffocare la sofferenza provata ma ad esprimerla nelle sue composizioni.
Si può cogliere in queste pagine una critica a quel virtuosismo sterile – in cui era caduto lo stesso Giuliani negli anni della sua formazione – che caratterizza un po’ tutta la musica odierna (e l’arte in toto), così compiaciuta della propria perfezione stilistica da non riuscire “a toccare il cuore di chi ascolta”.
di Monica Florio
http://www.literary.it/dati/literary/F/florio_monica/ascesa_al_regno_degli_immortali.html
Ascesa al regno degli immortali:
sono le emozioni a salvare dalla decadenza dell'anima
La vicenda del romanzo “Ascesa al regno degli immortali” di Alessandro Pierfederici è ambientata al tempo della cosiddetta Belle Époque.
A descrivere questo periodo è lo stesso autore.
“Si tratta di quel periodo fra Ottocento e Novecento in cui in Europa si era consolidato un nuovo ordine politico che, sotto una pace apparente, nascondeva tensioni e conflitti pronti a scatenarsi. Fu il periodo dell’emigrazione di massa dall’Italia unificata, delle repressioni armate dei moti popolari, delle disfatte nelle guerre coloniali. Di lì a poco il mondo occidentale precipitò nel più spaventoso conflitto bellico mai visto, il tragico punto di arrivo di un’epoca, che distrusse, assieme a milioni di persone inconsapevoli ed innocenti, l’eredità di secoli di storia”.
Un'epoca, quindi, macchiata dal sangue e dalla violenza e attraversata da una progressiva decadenza. Un tempo che, contrariamente a quanto sembra suggerire il nome, è oscuro e “spettrale”. Così lo dipinge l'autore del romanzo, che ambienta la vicenda tra belle époque triestina e viennese, creando un ponte tra le due realtà territoriali e sociali.
“Centro nevralgico, quasi simbolico, di questa decadenza – rimarca Pierfederici - è la Vienna imperiale che l’enorme numero di musicisti, scrittori, pittori, scienziati, uomini di cultura e intellettuali allora attivi aveva reso una delle capitali culturali del mondo. Tutti avvertivano il dramma che si andava preparando, ne traevano linfa per le loro creazioni ma nello tesso tempo erano prostrati dalla consapevolezza dell’impotenza a fronteggiarlo”.
A questo clima di sgretolamento di un'epoca e delle sue certezze fa da contraltare il senso di fallimento di Anton, il protagonista. Ne nasce un'atmosfera lenta, attutita dove spira una sorta di aria di catastrofe e morte incombente.
Il protagonista aspira all'idea di infinito, a trascendere la finitudine ed i limiti umani e lo strumento creativo scelto per salire la lunga scala che conduce al cielo è l'arte ideale. Aspirare ad un’arte ideale. La capacità dell'arte di aspirare all'infinito, come ricorda l'autore, è ravvisabile nella perfezione e nell'emozione suscitata da alcuni capolavori, così potenti che l'anima stenta a credere sia possibile siano frutto di una mera mente umana.
Di fronte ai cocenti dolori dell'infanzia ed alle disillusioni dell'adolescenza, Anton si convince che la realtà fattuale non è altro che una pesante zavorra da cui liberarsi, in quanto è considerato una limitazione al sogno di una creazione assoluta, un’arte pura, e quindi impossibile. Negare il reale a favore di un ideale difficile se non impossibile da raggiungere ed afferrare porta Anton a vivere in uno stato di conflitto e di scissione perenne dell'anima... in parole povere a “non vivere”.
Anton, infatti, arriva sempre troppo tardi, è bloccato dall’insicurezza, dal dubbio se sia giusto o meno agire d’istinto o proseguire sul cammino che si è scelto, è tormentato da incertezze costanti, perché il suo percorso si fonda sul vizio originario, l’idea di poter scindere quotidianità e creazione artistica.
A salvarlo, pur tra dubbi, ripensamenti ed esitazioni, sarà proprio la musica, sotto una duplice veste. Sia a livello di interpretazione di una musica altrui che tragga ispirazione dalla realtà sociale dell'epoca, sia la musica che compone se stessa e che diviene strumento per narrare i dissidi di un tempo, la miseria di un popolo ed il dolore individuale e collettivo.
Il suo approccio al mondo cambia radicalmente: da un universo al riparo dalle emozioni ad uno dove le emozioni sono la cifra stilistica dominante e si trasfondono con forza nella musica. In questo modo i dolori e le delusioni, date e ricevute, non sono più qualcosa di pericoloso da cui guardarsi e schermarsi, da negare, ma la vera ricchezza dell'esistenza con cui confrontarsi costantemente.
“Non sono più un sacrificio – chiarisce Pierfederici – bensì una benedizione, il segno indelebile della vita vissuta. Sia il maestro Kohn che l’amica Helene lo avvisano, a distanza di tanti anni, che la scoperta dell’amore vero e del dolore vero (forse i due estremi fra le emozioni umane) e la sua trasfigurazione nell’arte e poi nell’anima dell’artista sono ciò che lo porterà davvero verso l’immortalità della memoria”.
L’arte perciò, come ribadisce l'autore, è strumento di salvezza non tanto per un’epoca ed un mondo in rapida disgregazione (è l’illusione coltivata invece dall’amico scrittore Ralli) quanto per l’artista stesso. E la memoria eterna non è quella dei libri di storia e delle enciclopedie, ma quella di coloro che hanno trovato, attraverso l’arte, ma soprattutto attraverso la loro vita, la propria identità e il proprio ruolo.
Anton è sempre in cerca di certezze, di punti di riferimento stabili cui aggrapparsi. Ma più li cerca, più le sue insicurezza esistenziali lo fanno sentire in bilico, sulle sabbie mobili.
Ad un certo punto il suo approccio alla vita subisce una rivoluzione copernicana, che cambia irrimediabilmente il suo punto di vista.
“Aveva rinunciato da giovane all’amore – racconta ancora Pierfederici - alle amicizie, alla condivisione sociale in nome dell’ideale, e comprende ora che l’arte, per essere davvero tale ed esprimersi pienamente, gli richiede di tuffarsi a fondo nelle vicende umane, non solo quando queste lo vengono a prendere e trascinare verso il dolore, ma anche quando lo pongono di fronte ad una scelta: negazione dei propri principi morali, tradimento dell’amico e vivificazione artistica, o fedeltà a sé stesso e al proprio credo interiore e conseguente, possibile fermata al di qua della grande ascesa creativa?”
Il tipo di scrittura prescelta vuole essere per il lettore una sorta di scandaglio del tormento psichico del protagonista, messo di fronte al bivio di una scelta che per lui implica un terribile abbrutimento morale e che quindi ben presto diventa un vicolo cieco.
Quello che viene percepito da Anton come un vicolo cieco che viene rigettato in nome di una superiore levatura morale ed arte ideale diventa nei fatti reale abbrutimento autoimposto in qualche modo.
Quindici anni di: isolamento, apatia, vanità, convinzione di essere l’artista sommo incompreso da un mondo indifferente, misantropia e dolore per chi lo ama.
Quando, senza esserne consapevole fino in fondo, Anton sta per perdere definitivamente se stesso, il dolore per la morte della madre (chi ha dolore sente e chi sente è vivo) lo riporta alla vita, perchè “lo costringe a tornare fra la gente, in un mondo che però ha le proprie regole, inconciliabili con quelle dell’artista isolato e idealista”.
E' questo il tempo inevitabile del confronto, anche difficile, duro ed aspro, con il reale. E' questo il tempo di mettersi davvero in gioco anche a costo di farsi male e fallire davvero non solo nel mondo delle idee e del pensiero solipsistico.
“Anton accetta dunque – dice l'autore - a fatica e al termine di un lungo travaglio interiore, il sacrificio di far penetrare il mondo nella propria realtà di artista, ma ancora non comprende che quella è solo una possibile via e non lo scopo finale”.
L’arte, secondo le parole di Pierfederici, è un mezzo di ascesa e di assunzione di consapevolezza di sè non il punto di arrivo.
LA TRAMA ED IL SENSO DEL LIBRO NELLE PAROLE DI CHI LO HA GENERATO
“Ascesa al regno degli immortali” è la storia di un duro conflitto fra queste due spinte opposte, conflitto che inizialmente ha per campo di battaglia l’animo inquieto di un ragazzino votato a imprese maggiori di lui e destinato a smarrirsi in un mondo inesistente, e poi l’uomo adulto impegnato a far convivere in sé due pulsioni apparentemente inconciliabili. La coesistenza tra versante ideale e reale è possibile ma nasce solo da una successione di lotte, delusioni, desideri inappagati e rimorsi, uno stato d’animo ricorrente e costante nell’artista, anch’esso di matrice autobiografica.
La storia è colma di esempi di creatori moralmente riprovevoli, che hanno però additato la via di una più alta esistenza ad un’umanità da cui erano respinti o che addirittura detestavano, e suggerisce l’ipotesi che forse è proprio tale convivenza che origina la vera arte.
Citando una frase tratta dal Ritratto di Dorian Gray “Il vizio e la virtù sono per l’artista materia d’arte.”
L'arte viene poi proposta come uno strumento di catarsi, individuale innanzitutto.
Infatti, se cessa di essere fine esclusivo dell’artista, se diventa strumento per combattere prima di tutto contro la parte oscura di sé, allora la via della conciliazione e della salvezza è possibile.
Tutto dell’artista in quanto essere umano, il bello come il brutto, la totalità dell’essere, entra nella sua opera. L'opera si nutre della vita vera e così diventa di carne e sangue e proprio per questo è in grado di generare profonde emozioni.
Il riconoscimento in sé della natura difettosa, fragile, instabile di uomo da parte dell’artista conduce ad una riconciliazione interiore. Nella conclusione della storia, in cui il protagonista dei quattro canti di Mahler diventa l’immagine trasfigurata dello stesso Anton, questa ricomposizione avviene attraverso la comprensione che arte, vita e morte mai sono state disgiunte e mai potranno esserlo.
E' questa la suprema consapevolezza che porta l’uomo, prima ancora che l’artista, nel regno degli immortali.
20 marzo 2014
di Tania Sabatino
http://crederciperesserci.blogspot.it/2014/03/ascesa-al-mondi-degli-immortali-sono-le.html
Se l’arte è la musa ispiratrice
Il romanzo “Ascesa al regno degli immortali” di Alessandro Pierfederici (LCE Edizioni) racconta lo struggersi del musicista Anton Giuliani, uomo travagliato e votato alla sofferenza perché teso alla ricerca dell’essenza dell’arte.
Protagonista assoluta è, dunque, l’arte stessa, presenza senza corpo che anima la vicenda e prende forma nella musica, la quale costituisce poi l’attività primaria dello scrittore, concertista affermato ed eclettico rivelatosi con “Ritorno al tempo che non fu”, il suo esordio.
Per Anton l’arte scava nell’anima, è “l’unica luce” che “consente di vedere la propria strada”, è ciò che “rende immortale gli uomini che la rendono immortale”.
Colui che è votato all’arte deve esprimere il vissuto personale nel proprio percorso artistico per rivelare nelle note che esegue e che compone il mondo e la verità che gli appartengono.
“La dedizione assoluta” per il protagonista è il voto rinnovato ogni volta come un Credo. Il talento artistico è tale se, scevro da ogni narcisismo, viene messo al servizio dell’umanità.
Il ritratto del protagonista è una tela che mostra il volto e la sensibilità di Anton Giuliani offrendo al lettore ampi spunti alla riflessione, quasi a rasentare il pensiero filosofico di Tommaso D’Aquino, secondo cui l’anima è “tota in toto corpore”.
Verso tale scopo è votato Anton con la sua ossessiva ricerca artistica che lo porterà al regno degli immortali solo dopo aver compreso quanto la realtà sia ispiratrice nel momento in cui è fonte di sofferenza o di gioia. Da qui il titolo del libro.
Ambientato durante gli ultimi anni dell’Ottocento, nei quali la Belle Epoque cede il passo ai nuovi fermenti, la Rivoluzione Russa del 1917 e lo scoppio della Grande Guerra, il libro è incentrato sulla vicenda privata e professionale di Anton, uomo dai numerosi amori: Marina, Maddalena, Eva, Laura, Katarina.
Le figure femminili principali sono, però, la madre Edvige e la compagna Helene, espressioni di un’immagine di donna comprensiva e dolce, capace di guidare Anton nel suo cammino.
Il fato entra nella storia come un ulteriore personaggio, in grado di dirigere la vita stessa del protagonista, come un direttore d’orchestra che riesce a far esprimere agli orchestrali la propria sensibilità.
Ne consegue che i tanti “se” sono il filo rosso che regola la vita di Anton, manovrandolo come un burattino, come nel film “Sliding doors”, strutturato sulle due differenti possibilità di vita che si presentano alla protagonista.
I “se allora non fossi riuscito”, “se fosse venuta”, “se non fossi stato lontano” conducono Anton verso qualcosa che non è mai una sua scelta, quando si trova davanti ai “bivi misteriosi verso l’ignoto”.
Vero romanzo-fiume, “Ascesa al regno degli immortali” è un omaggio alla musica, in cui viene spiegato con precisione l’andamento delle note ispiratrici di sentimenti e di travagli da parte di colui che l’ha composta o si accinge a scriverla. Spesso la lettura coinvolge tanto il lettore da farlo sentire come uno spettatore in ascolto di un concerto di Beethoven, Wagner, Mahler.
Metafora del tempo che scorre, fuga verso il futuro e ritorno al passato, è il treno che da Trieste a Vienna (e viceversa) culla Anton sul filo dei ricordi, dove la giovinezza si alterna alla maturità, dove la “crepa” intravista sulla parete della sua stanza di adolescente si allarga ogni volta per ricordargli che la sofferenza è la sola ispiratrice.
La capacità descrittiva di Alessandro Pierfederici trova libero sfogo nelle pagine in cui la natura è lo scenario che, scorrendo attraverso i finestrini, infonde quiete all’animo di Anton che gode dei suoi colori, del mare, delle verdi colline, della maestosità dei monti, delle vallate, dei boschi.
Il viaggio termina nella maturità, quando Anton Giuliani accetterà finalmente il mondo e le sue sfide.
di Mariacarla Rubinacci
http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=40731
Pierfederici nel regno degli immortali
Alessandro Pierfederici, musicista, direttore d’orchestra nei “Wiener Meisterkurse” di Vienna, pianista accompagnatore di cantanti litici e docente, torna in libreria con il suo secondo romanzo, “Ascesa al regno degli immortali”, ed. Biblioteca dei Leoni pp.334 dopo il successo di “Ritorno al tempo che non fu” del 2011. Nel primo racconta un viaggio esoterico, in questo la vita di Anton Giuliani musicista pianista e docente. In entrambi, in primo piano c’è la psicologia dei protagonisti, solo accennata nei personaggi secondari, immersi nella cruda realtà della vita vissuta per conoscere se stessi e sempre tesi alla ricerca di un ideale. Molto suggestivo il primo e quest’ultimo affascina perché racconta se stesso e la sua ascesa al successo che non è facile se non si è dotati di talento, di quel fuoco di amore per l’arte, di molta, ma molta fortuna.
Alessandro è artista. In quanto tale ama la poesia, la letteratura, la pittura, la filosofia, scienza del pensiero che rende l’uomo non animale. Che cos’è la musica? «L’istante irripetibile che racchiude la pienezza dell’eternità. La suoni tutta forte o tutta piano:rimane comunque bellissima». La poesia? «L’uomo ne ha avuto e sempre ne avrà bisogno». L’arte? «Scopre e rivela qualcosa dell’immensa ricchezza dell’anima umana. Ogni opera nuova è un mondo di cui tutti possono godere e in cui possono riconoscersi».
L’artista, servitore della sua arte, ha come maestra la vita e trasforma le sue emozioni, le gioie, le disillusioni, le speranze, i dolori, il guardarsi attorno, i turbamenti della propria vocazione, in musica forme colori versi. Ha sbalzi di umore. Si esalta per un caloroso applauso, per la presenza di un folto pubblico a una sua mostra o alla presentazione di un suo libro, per un commento positivo scritto, ma prova delusioni se tra i presenti manca chi a lui è più caro con cui dividere le proprie emozioni e l’attimo magico del successo. «Quell’esaltante sensazione di unire il trionfo dell’anima artistica a quello dell’amore. L’incantesimo misterioso che dona all’uomo la possibilità di scrivere le pagine immortali della storia e dell’arte». «La musica muore nell’istante in cui nasce» e per Anton «la sua felicità aveva sempre iniziato a morire nel momento in cui era nata».
La vita del vero artista è costellata di dolori, già dall’età più giovane. È il sacrificio di chi non vive per sé ma per la storia, l’umanità, l’eternità. L’autore esalta Bach: «era un genio:è da lui che si deve imparare». «Mozart, l’assoluta ambiguità, tanto divino quanto demoniaco! Compositore sublime, che ha saputo unire gli opposti inconciliabili. Ogni nota racchiude un mondo ed ognuno può sentirlo come proprio». «Beethoven interpretava una necessità interiore dell’uomo, quella di trovare una via per esprimere il desiderio di ascesa verso l’infinito. Rese immortale il suo messaggio di fratellanza universale».
Alessandro mostra anche di essere un pittore. «Sembrava una bambina; aveva la carnagione scura, gli occhi grandi e neri, e lunghi capelli, non ancora raccolti, color bronzo. Aspetto dimesso, sorriso soave, timida e modesta, aveva movenze delicate che rivelavano nel suo corpo leggero un’armoniosa eleganza ed un’inconsapevole sensualità». Descrive con le parole come se fossero segni leggere pennellate di colori tenui. Il pittore ritrae l’anima e la personalità. Nel ritratto di Marinetti di Rougena Zarkova sono evidenziati solo gli occhi immersi in spirali di vivaci colori. In “La pazza” di Giacomo Balla primeggia la scomposta gestualità della donna in ciabatte su uno sfondo di solitudine. In “Maternità” di Gino Severini è il seno turgido che offre il latte bianco come l’ampia camicia. Masaccio con il colore esprime vergogna e pentimento di Eva e Adamo.
La didattica di Pierfederici, oltre alle nozioni tecniche, al valore spirituale del brano, alla sua interpretazione, alla saggezza dell’autore, è protesa «a far scoprire ai suoi allievi l’artista vero che si celava in loro, talora dietro un autentico talento, talora dietro una passione o una dedizione profonda alla propria vocazione». Anton non parla mai dei suoi successi, poco degli elogi ricevuti da studente dai docenti, vive le ansie umane e il tormento delle non felici passioni per Marina, Maddalena, Eva, Katarina, Helene, Laura.
Passato, presente, futuro, nella vita spesso tormentata dei tanti personaggi giovani e vecchi, si mescolano nelle pagine in cui domina il destino, autore di illusioni e di vicende concatenate, spesso molto amare. Anton, afflitto, cerca nei ricordi il passato, le sue fughe in gioventù dai canti d’amore, sognando un futuro nel labirinto della vita. Rievoca un incontro: «Non soffrirai, te lo giuro!Io sarò tua per sempre! ». «No! non posso! Mi dispiace…Io sono votato alla mia arte! ». «La tua arte è anche la mia!Resta, non andartene! ».
L’autore si sofferma con rammarico su chi volta le spalle al destino. Sono giovani donne dotate di talento che abbandonano dopo anni di studio e di sacrifici un futuro di successi per sposarsi con chi non ama l’arte. Il romanzo è un inno alla creatività per scuotere la società superficiale incline a non voler cogliere i valori della cultura senza la quale si prospetta la decadenza di ogni valore etico e un futuro di volgare inciviltà. L’arte è il sacro fuoco che illumina l’umanità, rende più lieta la vita, crea la convivenza pacifica tra i popoli. In copertina, “Luce di suoni” di Lucia Mazzaria, foto di un bosco simbolo di vitalità su uno spartito musicale.
di Italo Pignatelli
http://www.ilmondodisuk.com/dettaglio_notizia.asp?ID=3989
Ascesa al regno degli immortali”: arte e vita
Il romanzo di un musicista narrato sul pentagramma
Un romanzo scritto sul pentagramma. È la musica a sottendere la scrittura di Alessandro Pierfederici in Ascesa al regno degli immortali, la sua seconda prova pubblicata dalla Biblioteca dei Leoni. Non per niente l'autore è un musicista; e si vede in questo romanzo, ambientato tra Trieste e Vienna, in piena Belle Epoque. In questa struggente decadenza, Pierfederici narra con efficacia espressiva la storia di Anton Giuliani, promessa della musica, che aspira alla sublimazione dell'arte. La sua aspirazione ideale è quella di scindere arte e realtà, illudendosi così di creare qualcosa che superi i limiti dell'umano. Ma questo, dice l'autore, non è possibile: l'arte non può trascendere dalla quotidianità, deve invece confrontarsi con la realtà che la circonda.
Il libro di Pierfederici non verrà apprezzato solo dai melomani per la sensibilità nel condurre la narrazione come se si leggesse sullo spartito, come se fosse la musica stessa a spingere il percorso della narrazione, ma sarà apprezzato anche per la capacità dell'autore di plasmare i personaggi e il loro carattere, per l'introspezione della materia e per il linguaggio elegante ma non complesso.
La storia accompagna il protagonista Anton dal conservatorio alla maturità, attraverso prove esaltanti e sconfitte. La sua vita professionale come quella quotidiana è scandita dall'amore e dalla passione. Assieme alle prime esperienze al conservatorio (sotto la guida del professor Julius Khon che ne intravede il genio) assapora l'amaro dell'amore non ricambiato per la giovane Marina; conosce la frustrazione di non saper affrontare la propria crisi di identità e paga l'incapacità di gestire la propria maturazione artistica e umana. Allora fugge da Vienna a Trieste e si difenderà dalla crudezza della vita chiudendosi in un silenzio artistico lungo quindici anni. L'esistenza di Anton è scandita da mille tormenti, la vana ricerca dell'amore, il disagio del male di vivere, la consapevolezza della propria fragilità, il dolore per la perdita delle persone care e del maestro Khon, le aspirazioni deluse.
di Franco Bottacini
02/02/2015
Il Giornale di Vicenza
Brescia Oggi
L’Arena
Ascesa al regno degli immortali
Un libro come Ascesa nel regno degli immortali non poteva essere scritto da un letterato, o meglio, doveva necessariamente essere scritto da un artista. Con ciò non si esclude affatto il valore letterario del testo, così come non si può non valutare nella scrittura, ad esempio, di poeti come Amelia Rosselli o Giuliano Mesa, la profonda influenza dello studio musicale.
Qui siamo oltre la semplice influenza, considerando che l’autore, Alessandro Pierfederici, è un artista, e più precisamente un musicista che svolge la professione di insegnante e pianista. Ma siamo anche in presenza di uno scrittore, capace di rendere presente e incandescente il fuoco dell’arte, dell’assoluto innalzamento e abisso che comporta l’adesione totale al proprio talento.
Nel provare ad approssimare le sensazioni affioranti dalla lettura soccorrono, per analogia, due film. L’Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij, in cui sono resi in chiave quasi epica il sacrificio e l’estasi (potrebbe evocarsi anche Il tormento e l’estasi di Irving Stone) implicite al fare arte. E ancora, tratto da un libro di Pascal Quignard, Tous les matins du monde, l’omonimo film diretto da Alain Corneau, che narra del rapporto tra maestro e allievo nell’apprendimento dell’arte della viola da gamba e in cui (in particolare - e ovviamente - nella trasposizione cinematografica) è rimesso alla musica, struggente, il tracciato della linea narrativa.
Ma non si deve fraintendere. Questo romanzo non è un libro sulla musica, bensì un libro in cui la musica è parte fondante della narrazione. In ultima analisi siamo di fronte ad un romanzo di iniziazione in cui il protagonista, evidentemente musicista, è portato a maturare una propria scelta nel dissidio inevitabile tra realtà e ideale. E allora, in estrema analisi, siamo forse nel cuore del pensiero esistenzialista, tra le pagine di un dettato che va ben oltre gli spartiti cui rimanda.
di Elisa Davoglio
http://www.literary.it/dati/literary/davoglio_elisa/ascesa_al_regno_degli_immortali.html